OMBRE BY FEDERICO TADOLINI

OMBRE

 

Il viaggio durò un’eternità. La decisione di partire un giorno prima per stipulare il contratto di vendita si rivelò essere particolarmente azzeccata.

Purtroppo durante il periodo estivo, percorrere le Higways stava diventando, un vero e proprio campo di battaglia.

La frenesia di godersi il più a lungo possibile, le auspicate ferie estive, portava la gente a spingere troppo sul pedale dell’acceleratore.

L’insegna luminosa di un motel arrivò pronta a salvarmi, una bella cena e un comodo letto, mi avrebbero rigenerato in attesa di quello che sarebbe potuto essere un grandissimo successo, oppure un’ennesima delusione da dover giustificare a mia moglie.

“Salve, avete una stanza singola per stanotte?”

“certo, sono dieci dollari e mi serve una firma sul registro”

“bene. Per caso, c’è qualche posto in zona, dove poter mangiare qualcosa?”

“purtroppo, noi abbiamo solo il distributore per le bibite e ghiaccio a parte. A quest’ora però il pub Tepes è ancora aperto”

“come ci posso arrivare?”

“è semplicissimo. Deve proseguire ancora a dritto. Troverà un cartello che ti indicherà la strada per arrivare in città. Invece, girerà a sinistra, per entrare dentro una stradina stretta. Proseguirà per altri cinque minuti e sarà arrivato”

“ottimo amico. È da stamani che non mangio, e passare la notte così, non se ne parla proprio”

“buon divertimento”.

Sistemai il mio bagaglio in camera, una veloce rinfrescata e andai quindi a cercare questo pub, dal nome alquanto sinistro.

Seguii alla lettera il percorso suggeritomi dal vecchietto, e dopo qualche imprecazione a causa della nebbia che si stava addensando, non faticai a trovare il locale.

Il parcheggio era semideserto, mentre da fuori si poteva notare che l’arredamento scenografico del pub, era particolarmente curato, ovvero una precisa ricostruzione di un posto dedicato alla memoria storica di Vlad Tepes, il conte Dracula.

Sicuramente, mi sarei sentito in totale imbarazzo dal momento che ero ancora vestito da lavoro in giacca e cravatta e probabilmente gli avventori del locale, avrebbero rappresentato la nuova frontiera del movimento estremo americano.

Ma non ero qua per socializzare, dal momento che le uniche richieste erano un bicchiere di vino e qualcosa di commestibile da mangiare.

Controllai l’orologio: mezzanotte e un quarto, dovevo fare più in fretta possibile, per riuscire a guadagnare qualche ora di sonno e vincere la concorrenza per sistemare l’affare e tornare a casa pieno di bigliettoni, sventolandoli in faccia a mia suocera, facendole capire che Mr.Brooks è un vincente e che lei la deve finire di rompere i coglioni.

All’ingresso, una sorta di energumeno con una maschera da diavolo, mi applicò un timbro sul polso sinistro, esclamando con accento romeno, che una consumazione era obbligatoria.

L’interno era esattamente come me l’ero immaginato: a metà strada tra la ricercatezza e l’eleganza di un salotto letterario d’altri tempi, popolato comunque da stranissimi personaggi, che facevano del proprio corpo una specie di apparato spettacolare, che mi metteva i brividi, e che mi faceva capire se ancora ce ne fosse stato bisogno, che ero io ad essere fuori dal mio contesto naturale.

Sulle pareti, erano impressi con un ottima tecnica di disegno, i vari vampiri che avevano contraddistinto la storia del cinema.

In attesa che mi portassero il menu, mi divertii a riconoscerli: il Nosferatu di Max Schreck nella versione di Murnau accanto al Kinski nella versione pestilenziale di Herzog, Bela Lugosi, Christopher Lee, Frank Langella.

Ma probabilmente la versione più rappresentativa di questa realtà, dove ero capitato per caso, era quella del vampiro punk di Lost Boys, mentre quelle del film di Coppola o Lestat di Interwiew with a vampire, tornavano a risplendere di classicismo.

Una bellissima ragazza si avvicinò al mio tavolo pronta a prendermi l’ordinazione.

“Da bere un bicchiere di vino rosso. Però, vorrei anche qualcosa da mangiare. Cosa mi puoi consigliare?”

“possiamo prepararti dei sandwich, oppure abbiamo anche della carne”

“ottimo, una bistecca al sangue con contorno di patate o insalata”

“va bene insalata”

“a che ora chiudete?”

“chiudiamo alle cinque. Hai tutto il tempo che vuoi per poterti divertire”

“sono in viaggio d’affari”

“vuoi che ti mandi qualcuno a farti compagnia?”

“beh, sinceramente l’idea di essere lontano da casa e dover cenare da solo, non mi entusiasma. Se qua dentro, conosci un’altra persona sola, e che vorrebbe scambiare due chiacchiere, sarebbe veramente la benvenuta”

“certo, solo per parlare….”.

Cosa cazzo stavo facendo? Avrei fatto sicuramente una gran figura di merda se mia moglie, avesse scoperto che ero a cena in un posto del genere insieme ad una perfetta sconosciuta.

Stavo tradendo i sacri ideali del buon padre di famiglia americano.

Nel mentre stavo ragionando sulle mie cazzate, si avvicinò una ragazza che con disinibita sicurezza, si sedette davanti a me, allungandomi la mano sinistra.

“Piacere, io sono Erika”

“ciao, io sono Max”

“è il tuo nome vero?”

“certo, perché dovrei mentirti?”

“hai ancora la fede al dito”

“Oh, mi sa che la tua amica ha frainteso. Io ho chiesto solamente qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Sono all’antica e cenare da solo, non mi lascia mai soddisfatto”

“ahhahahahahah”

“cosa c’è di così divertente?”

“scusami, non volevo offenderti. Nessun problema, facciamo conversazione. Parlami di te”

“faccio l’assicuratore, sono sposato e padre di una bambina. Vivo nel Connecticut e sono qui, perché domani devo concludere un affare importantissimo”

“sei felice?”

“direi di si. Tu invece?”

“il mio nome da iniziata è Erika. Io non sono qua per caso, ma faccio parte della famiglia”

“stai cercando di mettermi a disagio, o ci sei rimasta male, perché non voglio comprarti? Prima che facciate qualche cazzata, ti informo che non viaggio mai con troppi contanti addosso. Ho giusto quello che basta per pagare questa bistecca e il vino annacquato”

“sei arrivato in casa nostra. Ti abbiamo spalancato la porta, trattandoti con ogni riguardo senza farti sentire diverso. Però, sei tu che continui a giudicarci”

“ok, ho capito. Stai recitando la solita particina per mettere in risalto questo cazzo di locale, che a cose normali non interesserebbe a nessuno. Va bene, vi metterò una buona recensione. Ora però è il caso che ti tolga di torno. Preferisco starmene da solo. Pagherò il conto e non mi rivedrete più. I locali alternativi, mi hanno sempre fatto schifo”

“sei ancora scettico? Non hai notato i miei denti? E che nel locale non ci sono specchi?”

“ora, mi stai facendo incazzare veramente. E’ arrivato il momento di andarmene e fai i complimenti al tuo dentista da parte mia”.

Che gran giornata di merda. Un viaggio interminabile, la tensione di dover concludere a tutti i costi l’affare e ora il locale di sciroccati.

Perlomeno avevo cenato gratis e la carne non era affatto male.

La strada verso il motel sembrava ancora più immersa nelle fitte tenebre notturne, mentre in alto la luna piena rischiarava quel paesaggio spettrale, reso ancora più angosciante dall’estrema solitudine di un posto che sicuramente non era nemmeno indicato sulle cartine geografiche, o al massimo poteva essere inserito nei posti da evitare accuratamente.

Una tremenda ansia, mi assalì nuovamente, e se per disgrazia ora la macchina avesse un guasto al motore o più semplicemente se saltasse una gomma?

Non mi sentivo al sicuro e quel locale del cazzo, aveva contribuito a mettermi di cattivo umore.

La luce al neon del motel, finalmente spazzò via tutte le paure e il desiderio di toccare finalmente il letto, fece passare anche la voglia di offendere il vecchietto per avermi consigliato quel pub di sciroccati.

La stanza, inaspettatamente sembrava aver assunto un aspetto maggiormente accogliente.

Mi tolsi i vestiti, pronto per tirar fuori dalla valigia il pigiama opportunamente stirato da mia moglie, quando sentii bussare alla porta.

Cazzo, che giornata di merda!

“Si?”

“sono Erika, fammi entrare”

“mi hai seguito? Cosa vuoi ancora?”

“ti devo parlare, se mi fai entrare, sarà meno doloroso”

“vattene o chiamo la polizia”

“girati”.

Come una presenza ultraterrena, Erika si palesò dietro di me, ancora più bella di prima, ma sempre più pallida e spettrale, portatrice di un malsano erotismo, che mi aveva colpito dal principio.

Mi strinse a sé, provai la sensazione di come da bambini si tocca la lapide di un cimitero, però ero attratto.

Condusse i giochi nella maniera più disinibita possibile, il letto era diventato il nostro giaciglio di un eros che non aveva niente del sentimento nobile dell’amore, bensì di una passione violenta e fuori controllo che non sapevo dominare.

Per la prima volta nella vita, scopai col massimo piacere che si poteva provare, crogiolandomi nei miei liquidi interni mentre lei continuava a mordermi il collo, e con l’ausilio di un pugnale dal manico intarsiato con uno strano simbolo, scendeva sempre più giù fino ad incidermi il petto, per potervi poggiare le sue labbra, e condividere con le mie il rosso fluido.

Mi applicò un taglio profondo in una zona ricca di capillari, facendo fuoriuscire parecchio sangue. Mi sentivo sempre più svuotato, ma desideroso di proseguire nel percorso.

Iniziò a tagliarsi anche lei, facendomi assaporare il suo fluido. Presi vigore, e affondai i miei canini nel collo, succhiando altro sangue dalla giugulare, in maniera sempre più decisa, fino a che con un movimento brusco con la mano, mi comandò di fermarmi, di non andare oltre.

Più tardi, capii che ero stato scelto e che quella notte si compì il rito iniziatico, probabilmente ero sempre appartenuto al regno delle ombre, senza mai saperlo.

 

Federico Tadolini

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