REGIA: MIKE GREEN

ATTORI: LAUREN LOFBACK, TAYLOR WIESE

REPERIBILITÀ: ALTA

GENERE: SURVIVAL

ANNO: 2019

Outback” è un survival di Mike Green girato nella regione desertica dell’Australia, si tratta di un film a budget medio-basso con soli due attori protagonisti, la sceneggiatura è molto semplice: Lisa e Wade sono una coppia in crisi che decide di andare all’avventura addentrandosi nella regione più ostile dell’Australia, dopo aver fatto rifornimento di carburante il tragitto il loro gps fa le bizze e loro decidono di arrivare a piedi su una collinetta in lontananza per avere una visione più chiara della direzione da prendere. Una mossa sbagliata perchè è facilissimo perdersi in quella regione arida, inizierà una lotta per la sopravvivenza in un ambiente ostile. “Outback” non inventa niente di nuovo, non aggiunge niente al genere survival ma ne conosce abbastanza bene le regole per svolgere un compito che gli frutta la sufficienza, il paesaggio viene ben sfruttato attraverso una buona fotografia che rende bene in certi frangenti l’idea della profondità e dello spazio sconfinato creando così una sorta di terzo personaggio inscena: il deserto stesso con le sue insidie, gli sbalzi termici e gli animali pericolosi. C’è una suddivisione in capitoli o meglio in giorni che scorrono, troviamo la classica lotta uomo vs natura che è una costante di questo tipo di films, e c’è un minimo di caratterizzazione dei personaggi che ci vengono presentati in piena crisi di coppia giusto per rendere un po’ meno piatta e anonima la loro entrata in scena, due personaggi comuni in cui gli spettatori possono spesso identificarsi, non sono eroi, non hanno competenze particolari, anzi commettono spesso imprudenze e errori (lui che si beve il liquido dal motore per dissetarsi un minimo, una mossa un po’ insulsa e con poco senso) che pagheranno a caro prezzo. I personaggi come ho detto sopra commettono errori e questo forse viene giustificato dal fatto che siano persona comuni e un po’ sprovvedute se a livello puramente di sceneggiatura si potrebbe storcere un po’ il naso il tutto viene giustificato dal fatto che la vicenda è tratta da un fatto realmente accaduto e quindi è facile pensare che delle persona comuni e non degli avventurieri abituati al pericolo possano anche commettere delle imprudenze. Gli attori fanno bene la loro parte il palcoscenico è tutto per loro dato che sono praticamente gli unici sulla scena, la Lofberg è la classica ragazza comune con le sue insicurezze e la paura di non essere all’altezza dei problemi e cambiamenti della vita mentre Taylor Wiese non si trasformerà in un eroe di turno ma cercherà di limitare i “danni” come farebbe un uomo medio. I personaggi si perdono e si ritrovano in questo inferno tutto uguale fra dialoghi semplici ma che scorrono bene, ci sono una serie di fattori che la sceneggiatura fa convergere contro di loro come la banale ferita da medusa che si rivelerà meno lieve del previsto che esporrà Wade (Taylor Wiese) ad un peggioramento di salute, poi c’è il clima arido che li costringe a una dura lotta per sopravvivere e poi ci sono loro, gli abitanti del deserto, serpenti e scorpioni che chiudono il quadro delle avversità naturali. Si tratta di un survival standard di medio livello che non inventa nulla di nuovo ma gioca bene le sue carte, c’è la classica escalation di disperazione come in ogni buon survival che si rispetti e lo spettatore non può non identificarsi nei protagonisti che sono tipi qualsiasi come lui in una situazione più grande di loro, si può muovere la critica al genere dicendo che i survival sono tutti uguali e in parte è cosi, sono film che fanno leva sul nostro atavico istinto di sopravvivenza facendoci tifare per i malcapitati di turno, ma se il gioco è fatto bene (o benino come in questo caso) vale sempre la pena fare un giro sulla giostra.

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