REGIA: ANDRÈ OVREDAL

ATTORI: EMILE HIRSCH, OLWEN CATHERINE KAY, BRIAN KOX

REPERIBILITÀ: ALTA

GENERE: HORROR-SPLATTER

ANNO: 2017

DISTRIBUZIONE ITALIANA: M2

Andrè Ovredal è un regista norvegese attivo dal 2000 con quattro film e due corti, questo: “Autopsy” è un film del 2016 ma giunto in Italia solo quest’anno, e devo dire che merita davvero. Molto spesso usciamo dal cinema insoddisfatti per l’ennesimo deludente film esorcistico, per un horror pseudo impegnato che puntualmente ci delude, o per il solito action-(falso) horror alla Resident Evil, in alcuni casi però troviamo anche cose buone, come  “Autopsy”. Il film si svolge per tutta la sua durata all’interno di un obitorio portato avanti per “tradizione” da Tommy Tilden e da suo figlio Austin al quale però tale macabro lavoro resta stretto ma non sa come dirlo a suo padre.

Un giorno, a seguito di un fatto di cronaca nera accaduto in una casa, viene rinvenuto nei sotterranei un cadavere di donna stranamente molto ben conservato. Inutile dire che la donzella morta arriverà sul tavolo autoptico dei sopracitati protagonisti, i quali cominciando l’autopsia si renderanno presto conto che quello non è un cadavere come gli altri, infatti nonostante gravissime lacerazioni interne il cadavere esternamente non presenta traccia alcuna di lesioni. La bravura del regista sta nel mostrare questa autopsia in maniera fredda e chirurgica indugiando senza pietà alcuna su truculenti particolari:” apertura del torace, ossa segate, cranio scoperchiato, asportazione dei visceri ecc…” in sequenze che si rivelano autentici pugni nello stomaco per lo spettatore medio.

Il fatto che il film sia girato tutto in ambienti interni contribuisce a trasmettere allo spettatore un forte senso di claustrofobia, un’atmosfera opprimente che emerge già dai primi minuti, solo un buon regista come Ovredal è in grado di tenere incollato allo schermo lo spettatore con una vicenda che mette in scena 4 attori (escluso il cadavere…) ed un’ unica location, gelida come l’acciaio degli strumenti che i nostri usano per quasi tutta la durata del film.

Una trama semplice ma molto originale il cui intreccio viene rivelato a colpi di bisturi in un crescendo di terrore, giungendo al ritrovamento di una misteriosa pergamena con simboli esoterici nello stomaco della vittima, la cui storia passata emerge tutta nel suo orrore, ribaltando tutto ciò che fino a quel momento erano le certezze dello spettatore. Un film che riesce a superare il limite imposto dal budget non eccelso messo a disposizione con una fotografia ottima e attenta ai dettagli a cura di Romain Osin, e una discreta recitazione degli interpreti coinvolti a partire da Emile Hirsch che prese parte ad: “Into the wild” di Sean Penn e Brian Cox grande attore che abbiamo visto in: “La venticinquesima ora”, “Match Point”, di Woody Allen, e “Braveheart”.

In diverse occasioni si sobbalza davvero sulla sedia, come nella sequenza in cui le celle dell’obitorio vengono ritrovate aperte e i cadaveri sono a spasso, oppure la scena del sangue che esce dal naso della morta, o ancora la scena dell’incendio nella sala delle autopsie dove la furia soprannaturale esplode in tutta la sua potenza, insomma un cadavere per modo di dire, una morta che creerà non pochi problemi ai nostri protagonisti. Lo splatter in questo film viene finalmente mostrato in maniera disturbante in quanto inserito in un contesto reale (l’autopsia appunto) e privato del suo lato ironico ed irreale come troppe volte altre pellicole ci hanno mostrato.

 

 

 

 

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