RE-FLESH INTERVISTA CON DAVIDE PESCA

REGIA: DAVIDE PESCA

ATTORI: ALESSANDRA PELLEGATTA, MERY RUDES, REIKO NAGOSHI, ALESSANDRO DAVOLI

REPERIBILITÀ: SI TROVA IN DVD

GENERE: HORROR

ANNO: 2022

Davide Pesca è un regista attivo da vent’anni nel panorama horror underground nostrano (“Agonia, resurrezione per un massacro”, “Merry nightmare christmas”, “Night of doom”,”Grand guingnol madness”) oltre che regista il nostro ama occuparsi personalmente anche degli effetti dei suoi film, il 2022 sembra essere stato un anno prolifico per il nostro regista horror il quale ha realizzato due film “Night of doom” e questo “Re-flesh“. Quest’ultimo sembra una sorta di prosecuzione (ma solo a livello concettuale, di approccio a nuove tematiche) di “Night…” questi ultimi due lavori infatti si discostano da tematiche horror più “classiche” per approdare sia al drug movie futuristico e al fanta (alien) horror di “Re-flesh”. L’ultimo film di Pesca è un incubo tecnologico (a tratti distopico) low budget che si apre con un freddo bianco e nero e una musica elettronica gelida e meccanica a cura di Santo Bianchini che ci accompagnerà spesso durante questo lungometraggio, una scelta azzeccata per fare da accompagnamento ad un film dall’atmosfera aliena. Ci troviamo catapultati fin da subito in una situazione horror-futuristica dove in un imprecisato scantinato si eseguono riparazioni di file innestati direttamente nel cervello degli acquirenti che sembrano essere uomini con cavi usb conficcati nelle braccia, questo contesto serve da contenitore a varie storie slegate fra loro ma con il comune denominatore della tematica teconologico-aliena. La scelta di utilizzare talvolta il bianco e nero è una soluzione che rende il lavoro ancora più sporco, nel primo episodio si opta per il colore e troviamo una giovane e un po’ provocante ragazza alle prese con una applicazione per cellulari molto particolare, una sorta di tamagotchi che quasi per magia crescerà dentro di lei con una esplosione di splatter nel finale dove è quasi impossibile non riscontrare un omaggio ad “Alien” il famosissimo film di Ridley Scott. Nel secondo episodio torna l’inquietante bianco e nero e un’atmosfera un po’ urbana con una ragazza, personaggio volutamente anonimo come del resto lo sono stranamente tutti quelli del film, di loro non sappiamo niente, nome, personalità, passato, tutto azzerato. La ragazza trova delle frattaglie aliene in un sottopasso e si ferisce toccandole, da li in poi il suo corpo inizierà un lento processo di degradazione dove marcirà fra strani tubi, escoriazioni e deformazioni in un crescendo di follia. Questo secondo episodio è forse quello dove si sente maggiormente una componente body horror e dove fa il suo ingresso una computer grafica un po’ spartana ma visionaria dove contemporaneamente al disfacimento fisico assistiamo ad una violenza “astrale” su un altro piano dimensionale dove (sempre in cg) vediamo una ragazza (alter ego della poveretta) violentata in una maniera simile a certi hentai giapponesi dove troviamo ragazze alla mercè di creature tentacolari aliene. Dunque un trip allucinatorio e perverso che poi lascia il posto al nuovo episodio, è curioso notare come da qui in avanti gli ultimi episodi siano quelli più criptici e di difficile lettura ( lasciano ampio spazio all’interpretazione dello spettatore)  passiamo ad un episodio in cui c’è ancora una volta un personaggio spersonalizzato, una ragazza in un bosco con delle bende che le coprono la faccia qui la musica muta e si fa più delicata, la cinepresa segue il personaggio nel suo girovagare, poi improvvisamente arriva anche qui la tecnologia killer. “Grazie” ad un piccolo pc la ragazza viene risucchiata in una dimensione di orrore alieno, la scenografia cambia e ci troviamo catapultati in un ambiente chiuso dove tornano (stavolta con effetti artigianali e non più digitali) le violenze tentacolari sopracitate condite da luci di scena violacee, qui la violenza sessuale è logicamente più “reale” e disturbante e c’è una componente splatter più accentuata, assieme ad una creatura aliena anch’essa rigorosamente artigianale. L’episodio successivo è a mio avviso il più criptico di tutto il film, torna il bianco e nero, qui troviamo una ragazza giapponese, una sorta di strega che induce incubi atroci a delle persone in trance, anche qui si preme sul versante splatter con una discreta scena in cui la bocca di un disgraziato viene aperta da due ganci metallici (qui forse si cita un po’ Hellraiser) un episodio in bilico fra splatter e visionarietà. L’ultimo episodio è dedicato al tunnel della droga trattato  sempre in maniera futuristica, dopo uno scenario di degrado urbano il tossico di turno verrà “rieducato” tramite una terribile operazione un po’ splatter e un tocco di cg per quanto riguarda alcuni sfondi, alla fine tornerà il tetro bianco e nero a chiudere un lavoro horror sci-fi atipico per il panorama italiano. Il nuovo film di Pesca è un lavoro dove i dialoghi sono praticamente assenti creando talvolta un effetto straniante, c’è un buon uso delle luci con predilezione per il blu ed il rosso che miscelati insieme donano un’aura gelida alle sequenze, interessante anche l’alternanza fra colore e bianco e nero, un horror low fi cibernetico che esce dai binari dei prodotti nostrani ma anche dalla filmografia del regista che sembra voler esplorare nuovi territori, pochi attori per un lavoro gelido e minimalista come le tematiche distopiche che propone, un futuro allucinante dove alieni, uomini e macchine si ibridano e si scontrano. È interessante notare come la tecnologia sia spesso in questo contesto un portale verso dimensioni aliene piene di violenza e questo aspetto vagamente lovecraftiano è molto interessante ed è spesso presente nell’opera, un buon esperimento (con un budget più sostanzioso sarebbe stato ottimo ma questo è un problema che affligge il 99% delle produzioni del belpaese) per il panorama italiano spesso troppo statico.

Scopriamo i segreti di Re-flesh parlando un po’ col regista

Dott.trash: Ciao Davide, partiamo dal titolo, qual’ è il suo significato? 

Davide Pesca: Re-flesh vuole un po’ rimandare al concetto di nuova pelle, nuovo corpo e soprattutto nuova carne (Cronenberg insegna) rigenerazione dell’essere umano che grazie ad un elemento esterno (in questo caso la tecnologia) subisce un processo di trasformazione e mutazione dando vita a un qualcosa di nuovo e fisicamente rivoluzionario. Quando ho pensato al titolo volevo usare una semplice parola che a suo modo riuscisse a rappresentare tutti questi concetti.

Dott.trash: Re-flesh mi sembra un tentativo da parte tua di staccarti dalle tematiche horror classiche per esplorare qualcosa di nuovo, concordi?

Davide Pesca: È innanzitutto un mio sincero atto d’amore per un certo tipo di cinematografia nipponica, il filone splatter/cyberpunk giapponese che adoro in ogni sua forma, infatti qui ho preso ispirazione (a mio modo) da pellicole come Rubber’s lovers, Tetsuo, 964 Pinocchio, Catterpillar e in piccola parte anche il filone anime hentai “tentacle rape”, è comunque un film prettamente a tema body horror e se si parla di esplorazione, il mio intento è stato quello di esasperare il rapporto di dipendenza fra essere umano e tecnologia, fantasticando su quanto l’uomo sia dipendente da essa e quanto ormai non può più farne a meno, quasi come si trattasse di una vera e propria droga, e contestualizzando questo concetto a body horror nel senso lato ho voluto che nel mio film la tecnologia avesse una propria coscienza e consapevolezza di poter sopraffare e controllare l’essere umano, insediandosi all’interno di esso per creare un “nuovo” che rappresenti al meglio un connubio fra uomo e macchina. In passato ho collaborato con un’associazione che si occupa di body suspension e con compagnie di body performance estremo, ho anche viaggiato molto all’estero per realizzare un documentario sulla body mod estrema e tutto questo anche se non c’entra prettamente col cinema e con l’horror lo trovo invece in forte connubio con il discorso del body horror e della fusione fra elemento esterno col corpo umano e fusione fra elementi, sicuramente ha influito sul mio modo di concepire Re-flesh. (credo sia colpa del film “Hellraiser”) se amo tutto questo.

Dott.trash: riallacciandomi alla domanda precedente, mi sembra che questo discorso di esplorazione di nuove tematiche sia iniziato con “Night of doom” che potremmo definire un drug-horror movie, quindi in quanto approccio (ma solo in questo, come ho scritto nella recensione) questo Re-flesh sembra una sorta di prosecuzione di “Night…” un lavoro che nuovamente ti porta lontano dal solito horror-splatter…

Davide Pesca: In parte si, soprattutto nell’ultimo segmento: Neovita, difatti all’inizio del segmento il protagonista si fa una dose di Doom: la droga da cui viene il titolo del precedente film (Night of doom) e sempre nello stesso segmento, la società Neovita viene citata anche nell’ultimo segmento di “Re-flesh”. Inizialmente “Re-flesh” doveva essere totalmente incentrato su Neovita: una società futuristica che reintegrava drasticamente nella società persone borderline, quali tossici, homeless, prostitute ecc… Ma poi ho deciso di ridurre per ora il tutto in un solo segmento per concentrarmi di più sulle tematiche del body horror ispirandomi all’horror giapponese  e a film come “964 Pinocchio” e “Rubber’s lover” cosi decisi di tenere la tematica di Neovita solo per quel segmento.

Dott.trash: Nel tuo film c’è un alternanza di sequenze a colori e in bianco e nero, certi episodi sono a colori mentre altri sono in bianco e nero, una scelta stilistica dettata dalle situazioni presenti nei singoli episodi o altro?

Davide Pesca: Amo spesso nei miei film variare fra bianco e nero e colori per rendere al meglio la determinata sequenza, già quando penso a un segmento, so già da principio che tipo di immagine dovrà avere e spesso utilizzo colori lisergici e saturati per rendere più surreale il tutto. Diciamo che è un mio vizio stilistico.

Dott.trash: “Re-flesh” propone anche un futuro distopico e apocalittico, in questo senso le gelide e meccaniche musiche di Santo Bianchini sono una colonna sonora  che ben si adatta queste atmosfere non credi?

Davide Pesca: Esattamente, altro elemento in comune con “Night of doom“, entrambi i film sono ambientati in un futuro distopico non troppo lontano e per certi versi, non troppo diverso dalla realtà odierna e Santo Bianchini a mio avviso ha fatto un lavoro sbalorditivo, è stato in grado di trasportare il tutto in questo tipo di futurismo riuscendo a trasformare una pellicola non prettamente cyber punk in un film futuristico e che trasuda di sonorità appartenenti alla cinematografia nipponica di questo genere, infatti le sue musiche “drone” industriali e progressive per me danno un enorme valore aggiunto al film. Pensa che ho solo mostrato qualche esempio di film a cui musicalmente volevo avvicinarmi e lui dopo poco tempo mi ha creato ad hoc dei brani che cavalcavano perfettamente lo status e il contesto industrial/futuristico che volevo per il film

Dott.trash: La particolarità è che nel tuo film i dialoghi sono praticamente assenti, una scelta voluta, dettata da determinate condizioni, oppure la volontà di raccontare solo per immagini?

Davide Pesca: Al contrario dei miei primi lavori, ad un certo punto della mia filmografia (circa 12 anni fa) ho cambiato drasticamente il mio modo di fare cinema, ho preferito lavorare quasi totalmente per immagini, lavorando molto di più coi corpi e coi personaggi delle mie storie, quasi come se si trattasse di un dipinto in movimento, è una mia peculiarità stilistica ridurre i dialoghi ai minimi termini, inserendoli solamente se prettamente necessari, purtroppo capisco che quello che faccio non è per tutti, vedersi un film intero quasi muto non è facile, in molti lo possono trovare ostico o noioso ma purtroppo, nel bene o nel male io lavoro così. Non voglio peccare di ipocrisia, è vero anche che avere pochi dialoghi rappresenta anche un fattore di comodità, in fase di sceneggiatura produttiva e post produttiva, e sicuramente anche per un discorso di internazionalità nativa del prodotto.

Dott.trash: In “Re-flesh” credo di aver trovato alcune citazioni ad esempio nel primo episodio sembra di essere davanti ad una versione horror del Tamagotchi con un finale che cita un po’ Alien, nel terzo assistiamo alla violenza subita dalla ragazza, un tipo di scena che non può non portare alla mente il genere “tentacoli  alieni” (tentacle rape) molto in voga in certi Hentai giapponesi, nel quarto assistiamo a tremende torture che ricordano un po’ Hellraiser, con la comparsa di quei ganci metallici che dilaniano la bocca del malcapitato, parlaci di queste influenze che troviamo nel film

Davide Pesca: Esattamente, credo di aver risposto parzialmente a questo nelle prime domande, come detto “Re-flesh” è pieno zeppo di citazionismo, c’è un po di’ “La blue girl” e “High school invasion” un po’ di “Hellraiser“, “Alien“, “Brain damage” “Gigoku” e altro. A mio modo ho voluto in piccola parte inserire a grandi linee, varie influenze qua e là di tutti quei film a cui sono particolarmente legato, soprattutto del panorama cyberpunk giapponese. Ad esempio, il segmento cornice è un chiaro omaggio al film giapponese “Rubber’s lover” difatti anche il poster principale è molto simile alla copertina di  “Rubber’s lover” ma ho voluto ispirarmi anche al body horror più classico americano degli anni ’80 difatti nel primo segmento mi sono ispirato alle opere di Frank Hennenlotter.

 

 

 

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