REGIA: RUSSELL MULCHAY

ATTORI: GREGORY HARRISON, BULL KERR, JOHN HOWARD, JUDY MORRIS

REPERIBILITÀ: MEDIA

GENERE: ANIMAL HORROR 

ANNO: 1984

DISTRIBUZIONE ITALIANA: WARNER BROS

Questo animal horror piuttosto atipico (ed un po’ ritardatario per quanto riguarda gli anni d’oro di questo genere) è stato scritto da Everett De Roche uno sceneggiatore australiano di b movie ben fatti fra i quali ricordiamo: “Harlequin” “Roadgames” “Link” , “Razorback” ci mostra un enorme cinghiale molto incazzato che semina il terrore in una zona desertica dell’Australia.  Troviamo la giornalista Beth Winters si reca in Australia per documentare la caccia alla fauna selvatica da trasformare (illegalmente) in cibo per animali domestici, qui si dovrà scontrare con due loschi tipi Benny e Dicko due bifolchi trogloditi e pericolosi. In seguito arriverà sul posto anche suo marito Carl intenzionato a scoprire che fine abbia fatto la moglie. Judy Morris è perfetta nel ruolo della giornalista investigatrice, la Morris è stata anche regista e sceneggiatrice, ha recitato fin da piccola, ricordiamo la sua partecipazione a serie tv come: “Bellbird” e “Matlock police” diretta poi da Peter Weir per la serie tv “The plumber”. I personaggi sono ben caratterizzati, i balordi Benny e Dicko sono interpretati rispettivamente da Chris Haywood e David argue e riescono alla grande con un adeguato e sporco make up a dare l’idea di violenti bifolchi.

L’aspetto migliore del film sono gli scenari queste terre brulle e spesso aride catturate dalla buona regia di Russell Mulcahy che si tingono talvolta di colori vivaci diventando anche scenari deliranti con scheletri animati come nella sequenza del sogno del protagonista, i personaggi si muovono in un contesto sporco e degradato: il bar che è un covo di bifolchi, i colori sbiaditi e le carrozzerie malandate delle poche auto rimaste, la macelleria illegale con gli animali squartati, tutti elementi che sicuramente rafforzano la generale atmosfera degradata. C’è anche un buon uso delle luci che crea la tensione giusta e magari riesce ottimamente a mascherare un budget non eccezionale per quanto riguarda il grosso cinghiale assassino, gli ingredienti per uscire dal solito film di animali assassini riuscendo ad aggiungere qualcosa in più ci sono tutti: il riscatto di un uomo ingiustamente accusato di un crimine mai commesso, una comunità fatta per il 90 per cento da individui rozzi e diffidenti, un marito alla ricerca della moglie ed una vendetta pronta per essere servita, e la caccia data al famelico cinghiale che in una scena esilarante riuscirà addirittura a tranciare in due la casa di un malcapitato che resta basito con la sua birra in mano (unica nota ironica di un film sottovalutato da riscoprire) un piccolo cult.

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