CALIFORNIA PLAYOFF BY TADOLINI

CALIFORNIA PLAYOFF

 

Nell’ora di ricreazione della locale scuola Oscar Washington in California, si stava compiendo l’ennesimo massacro ai danni del piccolo Frank.

La solita storia dove il più forte, per accrescere ancora di più la propria autostima doveva umiliare davanti a tutti, il più debole, ovvero Frank.

Era un bambino dal fisico molto più sviluppato rispetto alla sua età, ma dalla mente in netto ritardo rispetto alla sua età.

Come unico amico aveva il suo cagnolino Bobby, a cui aveva messo questo nome in onore del suo giocatore di baseball preferito Bobby Driscoll.

Aveva due hobby: collezionare figurine e appunto il baseball.

Colpendo la pallina con la mazza era per lui una grandissima liberazione, la forza e la grinta che finalmente venivano fuori.

Dopo la morte della madre, suo padre aveva deciso di sacrificare la sua vita, consapevole che quel bambino mentalmente ritardato, non sarebbe mai stato uguale ai suoi coetanei.

Lo incentivò a coltivare la sua passione e lo fece entrare nella squadra dei California.

Il coach aveva capito che il ragazzo era dotato di una forza sovraumana, ma che era sprovvisto di intelligenza e sangue freddo.

Negli allenamenti filava tutto per il verso giusto, riusciva sempre a colpire la palla, spesso frantumandola dalla potenza con cui calibrava il tiro.

Ma quando arrivava la partita della domenica, il vero esame, niente andava per il verso giusto.

Si trovava contro avversari scorretti, che puntualmente riuscivano a metterlo in difficoltà dandogli del ritardato.

Frank si metteva a piangere in mezzo al campo e il coach era costretto a sostituirlo.

Ben presto, questo stratagemma venne utilizzato da tutti e i California si ritrovarono in fondo alla classifica.

Frank venne relegato in panchina, a giocare con le sue figurine di baseball, mentre i suoi compagni di squadra, buttavano l’anima nel rettangolo di gioco.

Gli anni passarono, il ragazzo stava ancora crescendo, arrivando quasi a due metri d’altezza, potenziando ancora il fisico, e iniziando ad essere temprato anche dai colpi bassi che gli riservava la vita.

Stava entrando nella fase adulta e ben presto si invaghì della sua nuova vicina di casa, una ragazza non vedente.

Passavano intere giornate insieme, lui le parlava delle sue figurine di baseball, mentre lei con le mani esplorava il suo volto, in maniera tale da potersi fare un’idea di lui.

Lo chiamava il gigante buono e come nelle migliori storie, finirono per innamorarsi.

Per la prima volta nella vita, Frank era contento, si sentiva accettato dagli altri e questo sprigionò in lui un’energia assurda che gli fece ben presto riconquistare il posto in squadra e distruggere ogni avversario che si poneva davanti a lui.

Angelika era riuscita a far breccia nel suo cuore, infondergli sicurezza e costruirgli una corazza infrangibile anche davanti alle cattiverie con cui cercavano di disorientarlo.

La scalata verso la fase finale dei playoff, era arrivata quasi a destinazione.

Mancava solamente la finale contro gli Skulls, esattamente tra una settimana.

La posta in gioco era altissima, non c’era solamente la vittoria finale del campionato, ma l’approdo alla major league per il miglior battitore del campionato.

Se la giocavano Frank e Paul Ortega degli Skulls.

Ortega sarebbe riuscito a fare il grande passo anche diversi anni prima, ma la sua frequentazione di persone poco raccomandabili ed entrare e uscire dal riformatorio, gli avevano chiuso le porte del grande sport.

Ma sapeva benissimo che Frank oltre ad una forza esplosiva, aveva anche qualcosa che a lui mancava e che era fondamentale per poter vincere la partita: il cuore.

Come da tradizione prima di una partita importante, Frank andò al diner da Ralph insieme alla sua Angelika.

“Sei bellissima stasera”

“e tu sei troppo gentile, hai il cuore che parla”.

La vecchia Margot arrivò col suo grembiule lercio, pronta per l’ordine.

Il diner era ormai prossimo alla chiusura, nonostante fosse un istituzione, per un certo periodo era veramente un amarcord dei bei tempi andati con cameriere che servivano sui pattini e tutto quel campionario che rendeva l’America unica nel mondo.

Ben presto però la situazione economica del proprietario, lo spinse a utilizzare la moglie come unica cameriera e lui come cuoco.

“Cosa vi posso portare ragazzi?”

“io prenderei una pepsi diet, e un American burger”

“io solo un’aranciata”

“bene ragazzi”.

La cucina era una sorta di contenitore di norme anti- igieniche, ovvero piani di lavoro unti, griglie non adeguatamente pulite e a contatto con oli utilizzati chissà da quanto.

“Biff, c’è quello scemo di Frank, con quella ragazza handicappata”

“bene, sono i primi clienti da una settimana a questa parte”

“ma abbiamo ancora della carne buona in cella?”

“effettivamente puzza di merda, ma cucinata a dovere e speziata, avrà un altro odore. Ma poi cosa vuoi che ne capisca quello scemo?”.

Una moltitudine di piccoli vermetti, uscirono dalla carne al minimo contatto con le mani lerce del cuoco che incurante del pericolo, la posizionò sulla griglia, per poi sistemarla ben cotta nel piatto.

Frank non si accorse di niente, masticando tranquillamente, tranne che per un lieve bruciore allo stomaco, cosa che imputò allo stress del pre-partita.

“Non ti senti bene amore? Sei troppo silenzioso”

“sono preoccupato per la partita di domani. Sono molto forti”

“sono sicura che vincerai con il cuore e se tu non ci riuscissi, non sarebbe un problema. Avrai lo stesso dato il massimo, ed è questo che conta”.

La serata era molto bella, un clima primaverile, che preannunciava l’inizio dell’estate.

Improvvisamente il rombo di quattro moto di grossa cilindrata interruppe l’armonia dei due innamorati che vennero subito accerchiati.

Ortega scese dalla sua moto, come ad una sorta di resa dei conti.

“Piccolo scemo, non ti ha insegnato il coach che prima delle partite, si va a letto presto? Si possono fare dei brutti incontri”

“non voglio guai, domani ci sfideremo sul campo, e vinca il migliore”

“allora è vero che sei un povero scemo, per te non ci sarà nessuna partita”.

Il coltello a serramanico scattò inesorabile, spingendo tutta la lama dentro la pancia di Frank, che emise una sorta di grugnito, per poi finire riverso a terra.

Un grande quantitativo di sangue uscì fuori dal buco applicato al centro dello stomaco, insieme a minuscoli vermetti, che andarono ad inserirso dentro gli occhi.

“Capo, cosa ci facciamo con questa troia? La lasciamo andare? Tanto non c’ha visto”

“idiota, ha sentito parlare della partita di domani. Divertitevi e poi uccidetela”.

Il divertimento consistette in una violenza sessuale a tre, dove i motociclisti si cambiarono di ruolo, in una violentissima gang bang, trattando la poveretta alla stregua di una loro proprietà di grossa cilindrata.

Dopo averla umiliata, marchiandola col proprio sperma, finirono il lavoretto, tagliandole la gola e passandoci sopra con le loro moto.

Il corpo dei due giovani, erano riversi a terra, ormai sprovvisti di vita, la fine dei loro progetti, del loro amore.

Biff e Margot, mentre stavano chiudendo il diner, finalmente si accorsero di quello che era successo nel parcheggio.

Si avvicinarono ai corpi, trattenendo a stento le lacrime.

Il corpo di Angelika era ridotto ad una sorta di tappeto ormai da buttare, con ancora le impronte di pneumatici di lato, mentre al centro fuoriuscivano gli organi ormai asciutti e con dei vermetti che si insinuavano attraverso le articolazioni.

“Chiama la polizia, saranno stati quei motociclisti schifosi”.

Improvvisamente, il battito irregolare di un cuore che aveva ripreso a funzionare, come una sorta di carica ultra-potenziata.

Gli occhi iniettati di rosso sangue con ancora i vermi che galleggiavano nelle pupille, una tremenda sete di vendetta e un appetito insaziabile.

Una nuova vita per Frank.

L’orrore si parò davanti agli occhi dei due anziani, un orrore proveniente dagli oscuri recessi di un immaginario popolato da oscure presenze.

Lo zombi morse la gamba del vecchio Biff, e un solo violentissimo contatto spezzò in due la già precaria articolazione.

Una volta a terra, la gola venne scambiata per un succulento hot dog, sangue che schizzava copiosamente e in maniera irregolare.

Le mani ormai putride, si introdussero nello stomaco del vecchio Biff, raspando all’interno alla ricerca di qualcosa da mangiare.

Gli organi vennero estratti e Frank si nutrì sotto la luna spettrale e davanti a Margot ormai deceduta per infarto.

Una nuova vita dotata di una forza ancora più sviluppata, di un appetito inesauribile e un nuovo corpo ricoperto di uno spessore simile alla corteccia degli alberi, e popolato al suo interno di una grandissima varietà di vermi che avevano già infettato ogni parte del suo organismo causando la fuoriuscita di pus e sangue dal suo volto.

La mente di Frank era vigile, dotata ancora di tanti ricordi, di un cuore non ancora contaminato dal male e dall’immagine ricorrente di Angelika mentre veniva umiliata dai motociclisti.

Non rimaneva che rispondere con quello che aveva a disposizione per dare un senso al tutto.

Il giorno successivo sarebbe stata l’occasione del gran finale, la resa dei conti con gli Skulls.

Mentre indossava la sua divisa sportiva, ad ogni minimo contatto con la pelle, fuoriusciva un liquido giallo, che emanava un cattivo odore.

Si mise il cappellino, gli occhiali da sole e prese la sua fidatissima mazza da baseball, pronto per vendicare la sua Angelika.

Ma prima di colpire il loro capo, doveva iniziare la sua vendetta.

Sapeva benissimo dove trovare gli scagnozzi di Ortega, ovvero al Bowling room, locale malfamato gestito da uno di loro.

Nessuna pietà, come del resto non l’avevano avuta loro.

Come un demone spinto dall’ira e dalla vendetta, Frank uscì di casa, sotto la pioggia incessante e i fulmini. Il presagio dell’apocalisse.

Due compari erano seduti al tavolo, intenti a giocare a carte e a bere whiskey mentre Ian il proprietario della baracca stava facendo l’ennesimo colloquio di lavoro alla sventurata che pur di guadagnare qualcosa, era disposta a subire le sue angherie.

“Apri tutta quella cazzo di bocca. Quante volte te l’ho detto, come si fa? Eppure dovresti aver imparato”

“stasera mi servono i miei soldi. In casa non abbiamo più niente da mangiare”

“se li vuoi entro stasera, allora anche io voglio un supplemento speciale, dai girati che ti divertirai anche tu, tanto tuo marito è talmente ubriaco che non ti toccherà per un bel pezzo”

“non era negli accordi. Mi avevi detto che ti saresti sempre accontentato di un pompino”

“se fai resistenza, mi eccito ancora di più”.

Non fece in tempo a strapparle di dosso i vestiti, che un urlo lancinante dal piano di sotto e un tremendo fetore, spezzò il desiderio sessuale del porco violentatore.

“Ma chi cazzo è a rompere i coglioni”.

Imbracciò il fucile e scese le scale sicuro di poter gestire la situazione.

Frank era ancora intento a cibarsi del cuore dei due motociclisti. Uno era stato ucciso con un morso alla gola, il sangue era schizzato sulle pareti e aveva dato alla stanza un nuovo design, mentre l’altro era stato strozzato con i propri intestini.

A giudicare dal loro sguardo, probabilmente erano già morti per infarto, e sicuramente non avevano riconosciuto il giocatore di baseball.

Ian mantenne il sangue freddo e iniziò a sparare all’impazzata, i proiettili perforarono il corpo di Frank, creandogli dei grossi buchi nel torace, da cui iniziarono ad uscire i vermetti che nel frattempo erano aumentati anche di lunghezza, come se si nutrissero degli organi con cui il ragazzo saziava il suo appetito.

“Crepa figlio di troia”.

Ian si rese ben presto conto vedendolo avanzare lentamente, sporgendo le mani di avere a che fare con un’entità diabolica.

Si mise in bocca, la canna del fucile e premette il grilletto.

Ma la fortuna oggi, non era dalla sua parte, le munizioni erano terminate.

Le mani di Frank agguantarono la testa di Ian, prima di morire lo volle fissare negli occhi, gli ricordava qualcuno a cui aveva fatto del male. Ma era impossibile ricordarsi tutti quelli a cui aveva fatto un torto.

Tre secondi scarsi e la sua testa venne frantumata, la mano sinistra del giocatore di baseball fece pressione sul cranio, mentre la destra premette sotto al mento.

I poli opposti si riunirono, devastando totalmente il volto di Ian, come una sorta di fisarmonica suonata nel verso opposto.

Le frattaglie erano sparse per tutta la stanza. Sangue, interiora, volti non riconoscibili.

Frank aprì la porta dell’ufficio, dove la sventurata del colloquio di lavoro, senza più nemmeno i vestiti, strappati dalla furia di Ian, si stava nascondendo con le mani le sue nudità.

Trovatasi davanti al mostro ancora sporco di sangue, non sapeva cosa dover fare: se fuggire, ringraziarlo per aver ucciso il suo aguzzino, oppure pregare per una possibile salvezza.

Ormai la trasformazione era avvenuta, l’odio riempiva l’anima di Frank e la violenza non sarebbe potuta cessare in questa maniera. Non c’era spazio per il perdono.

Spalancò la bocca, dove vi erano ancora i brandelli di pelle delle sue vittime, come essere posseduti da un demone, lo spirito vendicativo della morte.

O da uno zombi, ritornante, queste forse sono le parole più indicate.

Abituata a vendere il proprio corpo, per ottenere qualcosa, la bionda si tolse le mani dalle sue parti intime, mostrando un corpo perfetto e una depilazione ben accurata, dal momento che le lap dancer come da contratto dovevano avere una rasatura perfetta.

Il contatto delle mani che si infilavano negli slip per mettervi i soldi, non dovevano incontrare assolutamente i peli pubici.

Si inginocchiò al cospetto dell’orrore, gli slacciò i pantaloni e iniziò a succhiargli il membro, ormai in piena fase di disfacimento.

La consistenza era molliccia, ma la venatura era molto sviluppata, e in alcuni punti laterali sembrava come masticare uno snickers.

Frank non aveva ancora provato questa sensazione e si abbandonò all’improvvisato blow job, e con sempre più enfasi e forza regolava l’andamento della testa della ragazza, finchè sentì come una parte del proprio corpo che si staccava.

Abbassò lo sguardo e la ragazza aveva in bocca metà del suo pene.

Lo scroscio di vomito, gli fece capire che lei non aveva gradito, la agguantò per il collo e le staccò di netto la testa, l’ennesima esplosione di sangue nell’arco della giornata, mentre dallo stereo i Bauhaus di Peter Murphy, declamarono la loro litania “ash to ashes, dust to dust”.

Con l’uccisione di un innocente, Frank aveva prepotentemente fatto l’ingresso nel mondo degli assassini.

Ora ne mancava solamente uno, il più cattivo di tutti.

Era venuto il momento di concludere la vendetta e poi di tornarsene in pace negli inferi.

La partita era già iniziata e come da previsioni gli Skulls stavano distruggendo i rivali, scesi in campo intimoriti e scossi dalla mancanza del loro leader.

Frank si calò il berretto in testa, e si avvicinò al coach.

“Scusi il ritardo, sono pronto per la battaglia”

“cazzo, ti cercano tutti dopo quello che è successo al diner. Ma come sei ridotto? Puzzi da fare schifo”

“mi sento pronto”

“e allora giochiamoci le nostre carte, non mi deludere colpisci la palla con tutta la grinta che hai”.

Frank prese posizione e inaspettatamente anche i suoi compagni presero sicurezza e iniziarono a reggere l’impatto degli avversari costruendo un ottimo gioco difensivo, spezzando le azioni offensive e ripartendo con rabbia e velocità.

Frank osservava Ortega, ancora non l’aveva riconosciuto, sicuro che fosse morto dopo l’agguato al diner.

Ash to ash, dust to dust.

Il cielo si fece scuro, numerose nuvole circondarono il campo da gioco avvolgendolo in una sorta di nebbia spettrale.

Il pubblico si stava alzando, ormai sicuro che tutto sarebbe stato sospeso.

Frank emerse dalla nebbia brandendo la sua mazza da baseball, al cospetto di Ortega.

Lo scricchiolio dei denti ormai scoperti e con la mandibola da cui si potevano vedere le ossa, facevano capire la vera natura del misterioso giocatore di baseball.

Piede destro, tirato all’indietro, pronto per la battuta e la testa di Ortega saltò per aria come fosse una pallina scagliata con violenza oltre l’impianto sportivo.

Si accasciò ginocchioni, con il tronco che spruzzava sangue come un fiume in piena.

Un freak, sprovvisto del volto.

La vendetta era compiuta, ma l’appetito era ancora impossibile da gestire.

Frank si accanì sul corpo, iniziando a nutrirsi della sua carne, spolpando ogni millimetro di pelle, finchè approfittando della nebbia sparì per sempre, tornando a riposare negli inferi, e lasciando sul rettangolo di gioco uno scheletro perfettamente ripulito come un macabro scherzo di halloween.

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