REGIA: KJERSTI HELEN RASMUSSEN
ATTORI: HERMAN TOMMERAAS, EILI HARBOE,DENNIS STORHOI
REPERIBILITÀ: ALTA
GENERE: HORROR PSICOLOGICO
ANNO: 2023
“Dark nightmare” (giunto ora nelle sale italiane con un ritardo di due anni) è l’opera prima della regista Kersti Helen Rasmussen già sceneggiatrice del pessimo “Villmark asylum” personalmente sono andato a vederlo non avendo la minima idea di quale fosse la trama, mi aspettavo a colpo d’occhio una sorta di esorcistico mentre invece “the dark…” è la storia di Mona (Heili Harboe) e del suo fidanzato Robbie (Herman Tommeeraas) i due fidanzati si trasferiscono in una nuova casa da ristrutturare, lui ha un nuovo lavoro, lei ha progetti per il futuro. Fanno conoscenza anche dei vicini di casa che spesso alzano la voce e litigano a più non posso, un giorno gli strani vicini perdono tragicamente il loro bambino e di li a poco anche la salute mentale di mona peggiorerà. La donna resta spesso sola in casa mentre il marito si reca a lavoro e comincia a manifestare episodi di sonnambulismo violento, Robbie preoccupato decide di portarla dal dottor Aksel (Dennis Storhoi) il quale propone una terapia all’avanguardia monitorando i sogni della giovane attraverso un macchinario all’avanguardia. Il dottore però convince la giovane che ella porta in grembo un Mara ovvero un demone della mitologia nordica e la giovane già dubbiosa sul portare avanti la gravidanza si ritrova nel bel mezzo di un incubo. “The dark…” è prodotto a metà strada fra un horror psicologico, e un dramma nero, c’è pochissimo sangue ma troviamo una tensione che attraversa in maniera non uniforme l’opera. C’è la volontà di mettere in scena il ruolo della donna nella società moderna fra emancipazione e maternità una parte che la protagonista Eili Arboe (“Thelma”) svolge bene, dando l’idea di una donna fragile e insicura che cerca il suo posto nel mondo. La vediamo spesso sola fra le mura scrostate della vecchia casa una cosa che simboleggia un nuovo inizio che vien scritto togliendo pezzo per pezzo la vecchia carta da parati a simboleggiare un nuovo inizio che però mai avverrà, anche qui c’è una riflessione sull’emancipazione mancata in quanto solo il marito riesce ad avere un lavoro stabile mentre la sua situazione è chiaramente più
precaria. Realtà e sogno si fondono e confondono (ma non troppo) lo spettatore che però si sente più disorientato dal miscuglio poco coerente di vari generi, cosa voleva rappresentare la regista? Un dramma nero psicologico? Un horror onirico con risvolti femministi? Il film infatti non sa mai che direzione prendere restando fino alla fine nell’incertezza di quale direzione prendere, il ritmo è lento e la noia prende talvolta il sopravvento, un peccato perchè l’idea di base non era male, un demone nordico che vuole entrare nel nostro mondo era sicuramente allettante peccato che sia stata sfruttata male. Alcuni hanno accostato questo film al capolavoro “Rosemary’s baby” di Polansky definendolo un “Rosemary nordico” ma il paragone mi sembra un po’ azzardato nonostante ci siano alcune somiglianze nella sceneggiatura come la protagonista che porta (o crede di portare?) in grembo un demone. Le riprese sono prevalentemente in interni e un po’ di atmosfera la si percepisce soprattutto fra le vecchie mura dell’appartamento, ma il demone onirico convince poco anche a livello visivo in quanto è semplicemente un doppelganger versione maschio alfa del fidanzato, i personaggi sono spesso un po’ anonimi soprattutto quelli secondari e anche la regia non fa chissà quali guizzi anzi si mantiene su livelli di sufficienza senza mai brillare aiutata tuttavia da un montaggio ben bilanciato. Resta poco alla fine di questo film che si dimentica piuttosto in fretta perdendosi spesso in dialoghi superflui e scene inutili lasciando l’amaro in bocca per una tematica, quella della paralisi del sonno che poteva e doveva essere sfruttata meglio.